Le origini del Culatello di Zibello affondano le proprie radici nella provincia parmense più precisamente nelle cantine dei territori più vicini al fiume Po’, nei comuni di Busseto, Polesine Parmense, Zibello, Soragna, Roccabianca, San Secondo, Sissa e Colorno, infatti il microclima di questa zona, caratterizzato da inverni freddi e nebbiosi e da estati torride, è ottimale per la stagionatura del culatello che in questo modo può sviluppare la morbidezza, gli aromi e la dolcezza che lo hanno reso famoso nel mondo.Nel corso degli anni, a tutela del consumatore e disciplinando la produzione, è arrivato anche il riconoscimento europeo del DOP (Denominazione d’Origine Protetta). I parametri di selezione sono severissimi e, infatti, solo poco più di 60.000 culatelli in un anno riescono ad ottenere la DOP.Un ulteriore tutela, a difesa dalle imitazioni e a garanzia del rispetto del metodo tradizionale della produzione, è stato anche la creazione del Consorzio di tutela del Culatello di Zibello, che oltre a disciplinare la produzione, le materie prime utilizzate dai produttori associati, si occupa anche della promozione del prodotto.
Le caratteristiche del Culatello sono ben precise, il gusto deve essere dolce e delicato e il suo profumo è intenso e unico, la sua forma esterna deve essere a “pera” e deve essere contornato da un sottile strato di grasso, il tutto imbrigliato da uno spago che, legato a mano, forma una rete a maglie larghe. All’interno la carne deve essere rossa e presentare delle leggere striature bianche che costituiscono il grasso delle fasce muscolari. La tecnica di produzione è indiscutibile ed è quella dettata dal disciplinare DOP, si utilizza la coscia del suino disossata privata della parte di carne meno nobile che verrà utilizzata per la produzione del prosciutto “fiocchetto”, la carne rimanente, corrispondente alle parti posteriori più morbide e pregiate, viene rifilata e formata a mano. Segue la fase della salatura che viene eseguita con una miscela di sale, pepe e aglio, in alcuni casi, come previsto dal disciplinare, vengono utilizzati anche vino bianco secco e nitrato di sodio e/o di potassio. In seguito la coscia viene massaggiata con sale e messa a riposare, in modo che gli aromi applicati si distribuiscano uniformemente, poi insaccata nella vescica del maiale e legata formando la caratteristica forma a pera, da qui in poi inizia la vera e propria stagionatura che non deve essere mai inferiore ai dodici mesi e deve essere svolta all’interno di cantine con una temperatura tra i 13°C e 17°C , consentendo ai culatelli di beneficiare della ventilazione e della luce solare caratteristici del territorio di cui sopra.
Sembra che le origini della produzione di Culatello siano, addirittura, all’anno 1300 quando, secondo alcune fonti, la famiglia Sforza ricevette in dono questo pregiato salume. Le prime testimonianze scritte risalgono al 1700, quando troviamo menzionato il Culatello in alcuni documenti del Comune di Parma, per poi passare all’800 quando i poeti Callegari e D’annunzio si scambiavano opinioni su di esso. Dal ‘900 in poi lo troviamo sempre più spesso sulle tavole delle famiglie parmensi più abbienti, probabilmente proprio questo consumo limitato ad una certa zona geografica ed ad una determinata classe sociale ha contribuito a rendere la fama di questo salume sempre maggiore alimentando sempre più la sua leggenda secolare.
Le caratteristiche del Culatello sono ben precise, il gusto deve essere dolce e delicato e il suo profumo è intenso e unico, la sua forma esterna deve essere a “pera” e deve essere contornato da un sottile strato di grasso, il tutto imbrigliato da uno spago che, legato a mano, forma una rete a maglie larghe. All’interno la carne deve essere rossa e presentare delle leggere striature bianche che costituiscono il grasso delle fasce muscolari. La tecnica di produzione è indiscutibile ed è quella dettata dal disciplinare DOP, si utilizza la coscia del suino disossata privata della parte di carne meno nobile che verrà utilizzata per la produzione del prosciutto “fiocchetto”, la carne rimanente, corrispondente alle parti posteriori più morbide e pregiate, viene rifilata e formata a mano. Segue la fase della salatura che viene eseguita con una miscela di sale, pepe e aglio, in alcuni casi, come previsto dal disciplinare, vengono utilizzati anche vino bianco secco e nitrato di sodio e/o di potassio. In seguito la coscia viene massaggiata con sale e messa a riposare, in modo che gli aromi applicati si distribuiscano uniformemente, poi insaccata nella vescica del maiale e legata formando la caratteristica forma a pera, da qui in poi inizia la vera e propria stagionatura che non deve essere mai inferiore ai dodici mesi e deve essere svolta all’interno di cantine con una temperatura tra i 13°C e 17°C , consentendo ai culatelli di beneficiare della ventilazione e della luce solare caratteristici del territorio di cui sopra.
Sembra che le origini della produzione di Culatello siano, addirittura, all’anno 1300 quando, secondo alcune fonti, la famiglia Sforza ricevette in dono questo pregiato salume. Le prime testimonianze scritte risalgono al 1700, quando troviamo menzionato il Culatello in alcuni documenti del Comune di Parma, per poi passare all’800 quando i poeti Callegari e D’annunzio si scambiavano opinioni su di esso. Dal ‘900 in poi lo troviamo sempre più spesso sulle tavole delle famiglie parmensi più abbienti, probabilmente proprio questo consumo limitato ad una certa zona geografica ed ad una determinata classe sociale ha contribuito a rendere la fama di questo salume sempre maggiore alimentando sempre più la sua leggenda secolare.